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Legge Sovraindebitamento nel Codice della Crisi d’Impresa: ecco le novità sulla nuova Legge 3

Gli argomenti di questo articolo

È giunto il momento di analizzare come la legge 3 del 2012 si è evoluta, in seguito alle modifiche introdotte dal Nuovo Codice Della Crisi D’impresa.

Dopo sei tentativi, la normativa sul sovraindebitamento prevista dal Codice, entrata in vigore nel settembre 2021, è diventata applicabile nell’immediato, in quanto le variazioni sono state inserite nella legge 3 del 2012.

Questo è stato possibile grazie all’impegno congiunto di Magistrati, Associazioni, accademici e professionisti del campo (inclusi noi di Legge3.it) che, di fronte alla pandemia, hanno lavorato affinché queste norme fossero applicate prima del previsto.

Quali sono nello specifico le suddette norme? Le scopriremo insieme in questo articolo.

Ma prima di analizzarle, cerchiamo di capire il motivo per cui sono così importanti.

Legge per il sovraindebitamento: le origini storiche

Perché la legge 3 sul sovraindebitamento del 2012 è stata applicata pochissime volte, nonostante siano trascorsi più di 10 anni dalla sua promulgazione?

Molti potrebbero ritenerla una normativa che favorisce gli opportunisti. Ho questa percezione parlando con la gente e osservando le opinioni sulle nostre piattaforme social. 

Frasi come “si devono saldare i debiti” o “questa legge protegge i furbi” o “meglio indebitarsi e poi avvalersi di questa legge” sono molto diffuse.

In realtà, si tratta soltanto di luoghi comuni. Eppure, sorprendentemente, ci sono molti che la pensano così.

In Italia, chi ha dei debiti è spesso visto come un nemico da affrontare, un elemento da escludere, un reietto.

Ricordiamoci che la nostra legge fallimentare (che, ricordo, è contenuta in un Regio Decreto del 1942) aveva come scopo proprio quello di isolare chi dichiarava fallimento. Infatti, fino a poco tempo fa, chi falliva non poteva iniziare nuove attività ed era persino escluso dal voto.

“DECOCTOR ERGO FRAUDATOR”: ovvero, chi non paga è un truffatore, sosteneva un giurista del XIV secolo. Fu Baldo degli Ubaldi, un illustre docente di legge, a pronunciare questa frase, riferendosi a chi non saldava i propri debiti.

Questo modo di pensare è radicato tra avvocati, contabili e magistrati ed è difficile da cambiare. E ha origini molto antiche.

Nell’antica Grecia, un debitore inadempiente subiva conseguenze estreme, spesso pagando i propri debiti con la schiavitù o addirittura con la propria vita

La situazione non era migliore nell’antica Roma, dove il debitore diventava un bene del creditore e venduto come schiavo. 

Successivamente, si distinsero i debitori onesti da quelli disonesti. Ma le pene rimanevano severe: esclusione da ruoli militari, politici e amministrativi. Pensa che venivano anche emarginati durante gli eventi pubblici.

Il trattamento dei debitori non migliorò nei secoli successivi.

Nel XVI secolo, chi non raggiungeva un accordo con i creditori entro tre mesi rischiava la pena capitale, pratica comune anche nello Stato Pontificio. Anche nel Regno di Napoli, una legge bancaria del 1536 prevedeva la pena di morte per chi dichiarava bancarotta. 

Solo nella Repubblica di Venezia, una potenza commerciale, c’erano norme che favorivano trattative tra debitori e creditori. Allora, a Venezia, si consolidò la pratica di rompere il bancone dei banchieri inadempienti, dando origine al termine “bancarotta”

In alcune città, i falliti venivano esibiti in pubblico in modo umiliante: con indosso solo una camicia, venivano legati con una corda a un asino e trasportati in tutta la città. Da qui nasce l’espressione “restare in maniche di camicia”.

Nel 1779, il Granduca Pietro Leopoldo di Toscana mise fine all’incarcerazione per i debitori.  Successivamente, la legge fu influenzata dal codice commerciale napoleonico che faceva distinzione tra bancarotta fraudolenta e semplice

Questa distinzione fu mantenuta nel codice dopo l’unificazione italiana del 1865.

A cosa serve la procedura per sovraindebitamento?

Nel 1942, il Regio Decreto n. 267 del 16 marzo stabilisce le regole riguardo al fallimento delle aziende e degli imprenditori. Il suo fine principale? Assicurarsi che tutti i creditori ricevessero ciò che gli era dovuto, garantendo un trattamento equo a tutti.

Per ottenere questo obiettivo, vennero stabilite delle procedure specifiche destinate a liquidare gli asset dell’imprenditore per soddisfare i creditori. Conosciute come procedure concorsuali, esse richiedono l’intervento del potere giudiziario. 

Queste norme hanno portato a una notevole riduzione dell’autonomia imprenditoriale.

In pratica, l’imprenditore perde il controllo sui propri beni e viene designata una figura preposta a monitorare l’andamento dell’attività.

In netto contrasto con questa visione, troviamo l’approccio dei paesi anglosassoni, in particolare degli Stati Uniti, la nazione più ricca e industrializzata al mondo. Negli USA, se un individuo non ha affrontato almeno un fallimento nel corso della sua carriera, è considerato non del tutto realizzato

La mentalità americana differisce notevolmente dalla nostra: per loro, commettere errori è parte del processo di creazione di un’impresa di successo, e il fallimento è visto come una fase inevitabile nel ciclo del mercato.

Legge sul sovraindebitamento: tutte le novità

Il fulcro della ex Legge 3 del 2012, ora contenuta nel nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, è offrire a chi ha avuto un passato di indebitamento la possibilità di riprendere le redini della propria vita finanziaria, diventando nuovamente un pilastro per l’economia nazionale.

In Italia, tuttavia, la tendenza era quella di considerare questa legge allo stesso modo della legge fallimentare per le aziende.  Di conseguenza, molti professionisti coinvolti, come avvocati, commercialisti e giudici, adottavano una prospettiva punitiva, riecheggiando il vecchio detto: “Decoctor Ergo Fraudator”.

Eppure, le cose stanno evolvendo, in gran parte grazie all’intervento dell’Unione Europea. 

Alla fine del 2014, l’UE esortava gli stati membri a rivedere la loro visione riguardo al fallimento aziendale e all’insolvenza. L’Europa suggeriva la creazione di un sistema che permettesse alle imprese di affrontare le difficoltà finanziarie, migliorare la loro efficienza e, se necessario, ricominciare da capo.

In risposta a un tale invito, nel 2015 il Ministro della Giustizia dell’epoca, Andrea Orlando, ha istituito la commissione Rodorf.  Il mandato di questa commissione era di preparare un progetto di legge per la revisione delle normative concorsuali

Ciò ha portato alla Legge n. 155 del 19 ottobre 2017, che ambiva a una completa riforma del settore dell’insolvenza e delle procedure fallimentari.

Questo sforzo legislativo è culminato nel 2018 con la creazione del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, annunciato ufficialmente il 14 febbraio 2019. Era previsto che entrasse in vigore il 15 agosto 2020, ma come vedremo, questa scadenza non è stata rispettata.

Come combattere la crisi da sovraindebitamento?

Il recente Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza ha introdotto profonde trasformazioni nel modo in cui l’Italia affronta le questioni di sovraindebitamento e fallimento. 

Le terminologie stigmatizzanti come “fallimento” e “fallito” sono state rimosse dal codice, un segno tangibile del cambiamento di prospettiva verso un approccio più umano e comprensivo.

L’intento delle nuove regolamentazioni non è più la chiusura delle aziende e la liquidazione del patrimonio dell’imprenditore per soddisfare i creditori. Piuttosto, l’obiettivo è ora identificare preventivamente i sintomi della crisi e attuare misure tempestive per garantire la continuità dell’attività, scongiurando l’intervento drastico della liquidazione giudiziale.

Questo cambiamento di paradigma influenzerà profondamente gli operatori del settore, plasmando un nuovo atteggiamento anche nei confronti di leggi pioniere come la legge 3 del 2012, pensata per dare sollievo ai debitori “minori”, ovvero coloro che non potevano accedere alle procedure concorsuali tradizionali.

Il nuovo codice integra disposizioni per affrontare il sovraindebitamento di questi piccoli imprenditori, incorporando le provvidenze della “legge salva suicidi“. 

Tuttavia, anziché abrogare la legge 3/2012 – in linea con la tradizione italiana di mantenere una pletora di leggi, spesso contraddittorie tra loro – quest’ultima è stata inglobata nel nuovo codice, assumendone l’essenza e la finalità.

Grazie a queste modifiche, il Codice amplia l’ambito di applicabilità, rendendolo accessibile a un numero maggiore di persone. Inoltre, si sono inserite norme che accelerano il processo di esdebitazione e penalizzano gli istituti bancari e finanziari che non eseguono valutazioni accurate sulla solvibilità dei potenziali clienti.

L’aggiornamento della legge sul sovraindebitamento: le novità principali della nuova Legge 3

L’essenza della legge sul sovraindebitamento è stata preservata nell’aggiornamento, mantenendo il suo obiettivo principale. Cioè offrire alle persone in condizione di insolvenza la capacità di elaborare un piano di rientro o, se necessario, di disporre del loro patrimonio per saldare i debiti che possono coprire, liberandosi contemporaneamente da quelli che sono troppo onerosi o impossibili da pagare.

Ecco alcuni degli elementi chiave che sono rimasti inalterati nella nuova legge sul sovraindebitamento sono.

Chi può accedere alla procedura di sovraindebitamento?

Per accedere ai benefici della legge, un soggetto deve:

  • Trovarsi in uno stato di crisi o di insolvenza, caratterizzato da inadempimenti o da altri indizi esterni che suggeriscono l’incapacità del debitore di rispettare regolarmente i suoi obblighi finanziari
  • Rientrare nelle categorie di consumatore, professionista, piccolo imprenditore, imprenditore agricolo o qualsiasi altro debitore che non sia sottoposto a procedimenti di liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o altre procedure previste dal codice civile o da leggi speciali in caso di crisi o insolvenza.

Come funziona la legge di sovraindebitamento?

Sebbene la legge conservi le tre procedure principali destinate a risolvere il sovraindebitamento, queste vengono rinominate per riflettere meglio la loro natura e lo scopo:

  • L’ Accordo di Composizione viene rinominato in Concordato Minore
  • Il Piano del Consumatore ora si chiama Piano di Ristrutturazione dei debiti del Consumatore
  • La Liquidazione del Patrimonio diventa Liquidazione Controllata del Sovraindebitato

Queste modifiche, pur sembrando superficiali, sono indicative dell’approccio più centrato sul soggetto e dell’attenzione ai dettagli che il legislatore ha voluto enfatizzare, assicurando che i termini e le procedure utilizzate riflettano accuratamente lo spirito e l’intenzione della legge rinnovata.

La procedura famigliare

La nuova legislazione introduce un concetto innovativo e fortemente orientato al benessere e alla facilitazione del nucleo familiare: “La Procedura Famigliare”. 

Questo approccio riconosce le sfide e le complessità della gestione dei debiti all’interno di una famiglia, soprattutto quando questi debiti sono comuni o interconnessi. 

Ecco alcune delle caratteristiche principali e dei vantaggi di questa nuova procedura:

  1. Progetto di risoluzione unificato 

La procedura consente ai membri di una stessa famiglia di presentare una proposta unificata per risolvere il sovraindebitamento, a patto che siano conviventi o che i debiti abbiano un’origine comune. 

Questo elimina la necessità di presentare pratiche separate, riducendo così i costi e i tempi associati.

2. Inclusione di vari membri della famiglia

La legge definisce chiaramente chi può essere considerato come “membro della famiglia”. 

Oltre al coniuge, questo include parenti fino al quarto grado e affini fino al secondo grado, nonché partner in un’unione civile o conviventi.

3. Limitazioni basate sulla natura del debitore

Nel caso in cui uno dei membri della famiglia non sia un consumatore, l’accesso sarà limitato solo al concordato minore o alla liquidazione controllata.

4. Flessibilità nella gestione di debiti specifici

La nuova legge specifica chiaramente che la proposta può includere anche l’eliminazione parziale o la ristrutturazione dei debiti che derivano da finanziamenti basati sulla cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione. 

Questa specificazione mira a evitare le ambiguità che avevano creato problemi in alcuni tribunali con la vecchia legge.

5. Maggiore certezza giuridica

Quest’ultimo punto è cruciale. L’obiettivo di queste specifiche è garantire che non ci siano interpretazioni divergenti tra diversi tribunali, assicurando così una maggiore prevedibilità e coerenza nel processo.

In sintesi, l’introduzione della “Procedura Famigliare” rappresenta un significativo passo avanti nella protezione delle famiglie sovraindebitate, garantendo un accesso più semplice, meno oneroso e più efficiente alla procedura di risoluzione.

Quali debiti rientrano nella legge sul sovraindebitamento?

La relazione dettagliata stilata dall’OCC dovrà specificare “se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio, valutato il reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita”.

In termini semplici, questo significa che le banche e le finanziarie dovranno esercitare maggiore cautela nella concessione di prestiti. Se non rispettano queste direttive, potrebbero trovarsi in una posizione svantaggiata di fronte al giudice in caso di ripartizione dei fondi e nell’opposizione alle decisioni adottate.

A differenza della legge 3 del 2012, il Consumatore non avrà la possibilità di ricorrere al Concordato Minore. Nel Concordato Minore, una modifica rilevante permette la riduzione anche dei crediti privilegiati, a patto che l’offerta presentata sia più vantaggiosa rispetto a un’eventuale liquidazione.

Il nuovo codice stabilisce che l’accordo con i creditori richieda l’approvazione del 50% di essi, rispetto al precedente 60%

Se si riflette sulla versione originale della legge 3 del 2012, che richiedeva un consenso del 70%, successivamente ridotto al 60% con la riforma del 2015, è evidente che si sta privilegiando sempre di più la continuità delle attività piuttosto che la loro liquidazione.

Di conseguenza, i soci di una snc o di una sas, che precedentemente avevano la necessità di introdurre una procedura per l’ente, un’altra per loro stessi e potenzialmente una terza per le loro consorti, ora, attraverso una singola pratica a livello societario, ne ottengono vantaggi diretti.

Il giudice ha inoltre la facoltà di ratificare la proposta di concordato, anche in presenza di dispute, qualora ritenga che le pretese del contestatore possano essere appagate attraverso il piano proposto, in maniera più vantaggiosa rispetto a un’opzione di liquidazione.

Questo rappresenta un cambiamento fondamentale, considerando che in precedenza molte proposte erano bloccate a causa della mancata adesione dell’Agenzia delle Entrate o di ciò che un tempo era Equitalia, ora conosciuta come Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Nella precedente legge 3 del 2012, la liquidazione, al pari delle altre procedure, era avviata per volontà del debitore. Nel nuovo Codice della Crisi, questa può essere sollecitata anche dai creditori o dal Pubblico Ministero

Nonostante ciò, al debitore sarà concesso il diritto e il periodo necessario per avanzare una proposta di concordato o un piano di ristrutturazione.

Liquidazione del debitore insolvente ed esdebitazione di diritto

L’esdebitazione a seguito della Liquidazione non è un processo immediato, ma avviene in risposta a una richiesta presentata dal debitore.

La domanda deve essere inoltrata entro un anno dalla fine della procedura e può essere effettuata solo se rispettati certi criteri. Tra questi, il più rilevante secondo me, è la condizione che i creditori “almeno in parte siano stati pagati”.

L’esdebitazione diventa un diritto e scatta dopo 3 anni dall’apertura della liquidazione: ecco quanto accade con la nuova legge 3. È utile notare che in passato, la liquidazione si estendeva per un periodo minimo di 4 anni. Questo avverrà indipendentemente dai fondi messi da parte.

Dunque, anche un individuo che non ha potuto contribuire con alcun reddito o asset alla procedura – definito come un debitore “insolvente” nel nuovo testo della legge 3 – può beneficiare di questa misura.

È evidente che queste nuove disposizioni seguono le raccomandazioni della Commissione Europea, con l’intenzione di offrire ai soggetti oberati dai debiti l’opportunità di liberarsi e ripartire puliti.

Sebbene la riforma fosse stata inizialmente posticipata a settembre 2021 a causa della pandemia, l’instancabile impegno di imprese come la nostra, insieme a figure eminenti del panorama accademico, giuridico e associativo, ha portato a una revisione e attuazione immediata delle normative presenti nella legge 3 del 2012.

Durante questi mesi, abbiamo sottoposto per ben 6 volte gli emendamenti all’attenzione governativa e, finalmente, le sfide quotidiane di milioni di persone afflitte da pesanti debiti sono state riconosciute e valutate dagli organi di competenza del nostro Paese.

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